Descrizione

I due scritti di Fontanelle qui riuniti – Du Bonheur e Traité de la liberté – rappresentano uno degli apici cui giunge la riflessione antropologica del XVII secolo. Sulla scorta di una certa tradizione del libertinismo erudito, il filosofo francese centra il fuoco del dibattito etico (e scientifico e quindi politico) apertosi nel Moderno. A proprio agio tra Montaigne, Cartesio, Malebranche, Pascal, Hobbes e Spinoza, l’energia dissolvente del “moi” fontenelliano, nel relativizzare mondo e coscienza, si scarica sui nuovi miti scientifici e sulle tentazioni del pregiudicare dello stesso sapere razionale, attaccando alla base le superstiziose certezze dei sistemi metafisicamente ordinati. Nel momento in cui si trova ad ammettere la mera meccanicità degli elementi che compongono l’universo nel quale si trova coinvolta la sua vicenda vitale, l’uomo svela la sostanziale indifferenza di tutto ciò che è, e dunque la stessa alternativa tra bene e male. La filosofia è, perciò, tutt’al più, un’antropologia empirica. In fondo il tipico agire calcolante del libertino – la tecnica del bonheur che contempla la “libertà”residua dell’uomo, la strategia misurata di una libertà che si appella a un bonheur – altro non è se non questo giudizio sul destino solitario e senza redenzione di un “io” vittima e signore della sola catena degli appetiti.