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Relazione Introduttiva: Rosa Anna Genovese
Saluti Istituzionali: Marella Santangelo, Maurizio Di Stefano, Grazia Tucci, Ambra Giglio.
Saggi di: Cristiana Achille, Andrea Cabrucci, Massimiliano Campi, Erminio Paolo Canevese, Antonio De Simone, Francesco Di Stefano, Francesco Fasssi, Lidia Fiorini, Rosa Anna Genovese, Luigi Fusco Girard, Federica Maietti, Eva Savina Malinverni, Luca Rossato, Grazia Tucci.
Il Comitato Scientifico Italiano ICOMOS ‘ Documentazione del Patrimonio culturale’ (omologo di quello Internazionale ‘Heritage Documentation -CIPA’), fondato nel 2011, prosegue il suo percorso di crescita nel solco tracciato da Roberto Di Stefano attraverso il costante e proficuo confronto multidisciplinare tra importanti esperti, professionisti e giovani ricercatori, come testimoniano gli avanzamenti culturali ed i rilevanti contributi scientifici pubblicati in questo volume.
Il tema dell’evento, svoltosi a Napoli, il 5 aprile 2025, nella Sala Vasari del Complesso monumentale di Sant’Anna dei Lombardi è stato: ‘Documentazione digitale e contributi multidisciplinari per la conservazione ed il restauro del Patrimonio culturale verso uno sviluppo umano’.
Il Convegno ha avuto come obiettivo quello di sviluppare, attraverso il confronto multi ed interdisciplinare, azioni per la conservazione, il restauro, la tutela e la valorizzazione del Patrimonio culturale, favorendo l’equilibrata transizione, digitale ed ecologica, e promuovendo opere per lo sviluppo, sociale ed umano, a beneficio della Comunità e delle attuali e future generazioni.
L’evento è stato promosso con i Patrocini : del Comitato Italiano ICOMOS (International Council on Monuments and Sites); del Dipartimento di Architettura (DiARC) dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’; dell’Università degli Studi di Firenze (DICEA); dell’Università Politecnica delle Marche (DICEA); dell’Università degli Studi di Ferrara (Dipartimento di Architettura); della Società MicroGeo; della Società Virtualgeo s.r.l.; del Complesso monumentale di Sant’Anna dei Lombardi in Napoli.
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Il romanzo: “La stirpe segreta delle donne pantera”, thriller fantascientifico e romanzo metropolitano ed erotico, è un remake letterario di un film del 1942, “La donna pantera”, appunto. Il romanzo della Del Giudice, prendendo le mosse da quel tipo di archetipo femminile, elabora un corposo volume che è, al tempo stesso, un giallo che chiede la soluzione di un crimine, e racconto erotico. La trama è quella di un noir d’autore, con tanto di omicidio e di commissario, ma da subito il mistero fiorisce in possibilità apparentemente fantascientifiche in cui vittime e carnefici hanno a che fare con una trasformazione dall’umano all’animalesco, evocando i tanti miti, così cari all’autrice, che vanno da quelli delle chimere a quelli dei licantropi e dei vampiri, che hanno costituito una fetta consistente delle produzioni letterarie di tutti i tempi. La porzione erotica è ampia e pervasiva. La scrittura di Antonella Del Giudice è raffinata, colta e, allo stesso tempo, di ricerca, in grado di coltivare e trascinare lettori di razza. “La stirpe segreta delle donne pantera” possiede molteplici livelli di lettura: oltre al giallo d’autore condito da scene sensuali, c’è la metalettura rispetto ad un immaginario femminino che diviene stirpe, narrazione delle caratteristiche comuni di donne speciali, un concetto filosofico di sorellanza che intreccia realtà e fantasia. Il lettore viene condotto alla continua scoperta di possibilità di queste creature la cui potenza, ferocia e immanenza diviene sempre più intuibile. Ci troviamo di fronte al miglior lavoro narrativo di Antonella Del Giudice. Antonella del Giudice, Nata a Napoli nel 1960 , vive 10 anni a Bari e 7 a Pescara. Il suo primo romanzo “L’ultima papessa” (Avagliano) viene segnalato al Premio Calvino di Torino nel 2004. Nel 2008 pubblica “L’acquario dei cattivi” con Alet editore. Pubblica il romanzo breve “Nostos” nel 2014 con Ad Est Dell’Equatore. Ha pubblicato vari racconti in antologie vincendo tra gli altri il premio Loria a Carpi, il premio Ortese a Roma, il premio Il Prione a La Spezia. Dal 2019 è stata autrice e conduttrice della rubrica televisiva di cultura “Culturando” presso l’emittente televisiva 87 TV fino al 2022. -
In pagine accoglienti e dalla narrativa scorrevole e a tratti commovente, Don Giuseppe Carmelo racconta della prima fondazione della mensa dei poveri a Napoli, nel quartiere di Santa Lucia. Un’esperienza di accoglienza e carità che si dispiega lungo le pagine di un libro che sembra esso stesso parte del progetto. È un progetto di umanità quello di Padre Carmelo, che riguarda solitudini e abbondoni, esseri viventi in difficoltà, che hanno potuto trovare, attraverso questa grande rete sociale, calore, ospitalità, famiglia, intesa come spazio vitale d’amore che si può costruire in ogni frangente e senza necessari legami di sangue. Vengono fuori storie e personaggi che riemergono dal buio in cui li aveva precipitati l’esistenza, ressurezioni di vite ancora possibili, la potenza dell’aiuto disinteressato ed empatico capace di salvare vite che sembravano finite. Mensa, cioè cibo, nutrimento che comincia con l’essere quello del corpo e finisce con l’essere quello di spiriti che sembrano disperati e che ritrovano motivazione e speranza, anime invisibili che grazie a questo lavoro di immensa generosità prendono forma. DON GIUSEPPE CARMELO Don Giuseppe Carmelo. Nato a Napoli, il 21 aprile 1962. Ha studiato Teologia Pastorale presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale- Sez. S. Tommaso ed è stato ordinato Sacerdote il 15 aprile 1987 dal Card. Corrado Ursi. Nel 1993, insieme a Don Luigi De Maio, fonda l’Onlus CABENUS, centro di accoglienza e di evangelizzazione. È stato Parroco a Villaricca, parroco della Basilica di Santa Lucia a Mare e Decano del III Decanato-Pizzofalcone, Quartieri e Montesanto. Ha insegnato religione nei licei. Nel novembre 2009 ha istituito la Mensa della carità per i fratelli e le sorelle senza fissa dimora del territorio; nel febbraio 2017 ha riunito nel gruppo degli “Angeli”, i bambini a rischio del Pallonetto. Attualmente è Parroco della chiesa della SS. Ascensione a Chiaia. -
Marina Tagliaferri, amatissima dal pubblico italiano per essere una delle protagoniste della fiction televisiva di Rai 3 “Un posto al sole”, dona al suo pubblico un libro che racconta scena e retroscena della sua lunga ed intensa carriera teatrale, narrando, con piglio vivace, travolgente e autentico, storie, ricordi, trucchi e modalità di quello che lei chiama il mestiere più bello del mondo. È il lungo racconto di una carriera, ma anche di una passione e di vita, tanto più universale quanto più nasce dalla sua vicenda personale. Racconta di quelle “sliding doors” che sono nell’esistenza di ciascuno, di quelle scelte, spinte dalla folle passione, e che poi ti cambiano la vita. La recitazione è uno dei pochi modi per entrare in connessione con la parte più profonda di noi, il nostro ‘SE’. In questo ‘SE’ in realtà, c’è tutto quello di cui avremmo veramente bisogno. Può curarci il corpo e l’anima. Lo studio, l’Accademia, le tournées: i capitoli si susseguono veloci, dando spazio anche ai numerosi incontri con personaggi speciali, da Carmelo Bene a Vittorio Gassman, da Paola Borboni a Giorgio Albertazzi, a tanti, tanti altri. E nel finale trova spazio anche la sensazionale esperienza di ‘Un posto al sole’. Marina Tagliaferri nasce a Roma il 13 dicembre. Entra giovanissima all’Accademia Nazionale d’arte Drammatica “Silvio d’Amico”. Lavora per quindici anni quasi esclusivamente in teatro, con grandi interpreti quali Carmelo Bene, Vittorio Gassman, Giancarlo Sbragia, Enrico M. Salerno, Gabriele Lavia, Giorgio Albertazzi e tanti altri. Approda poi alla televisione con fiction di successo tra cui “Un cane sciolto”, “I ragazzi del muretto”, “Un prete tra noi” ed altre ancora. Contemporaneamente si occupa con passione del doppiaggio dando la sua voce ad attrici del calibro di Meryl Streep. Nel 1996 inizia l’avventura della prima soap opera italiana “Un posto al sole” che la vede ancora oggi protagonista nel ruolo di Giulia Poggi. Nel 2024 festeggia i 50 anni di carriera. -
Romanzo storico ricco di suspance e informazioni scientifiche in cui i personaggi vivono vicende fascinose e paradossali tratte dalla cronaca vera del periodo della Seconda Guerra Mondiale con le sue leggi antisemite. Il protagonista principale è Oscar D’Agostino. Tra i ragazzi di via Panisperna, fu il chimico il cui contributo fu cruciale nelle ricerche nucleari e, in particolare, in quella che fu accertata essere la prima fissione nucleare. Fu, insomma, uno dei firmatari di un brevetto che costituì l’atto di nascita della bomba atomica. Il suo nome rimase poco noto al grande pubblico, oscurato dai Nobel Fermi e Segrè e dalle misteriose vicende di cui furono protagonisti Pontecorvo, espatriato in Russia, forse una spia, e Majorana, scomparso nel nulla. Lo stesso D’Agostino fu figura enigmatica. Fondamentale il suo lavoro da chimico negli esperimenti che portarono alla scoperta dei neutroni lenti, base della fissione nucleare. Il boy scout dell’Era Atomica non ottenne mai il giusto riconoscimento scientifico, e il merito di aver agevolato, sventando un’operazione della polizia politica segreta del Regime, la fuga di Enrico Fermi e della moglie ebrea Laura Capon in USA per le leggi razziali. Al Chimico dei Fantasmi, quasi un nome in codice, di copertura, si rivolsero i servizi segreti inglesi che indagavano su Bruno Pontecorvo. E lo stesso Mussolini, nel ’43, per avere l’Arma Segreta che avrebbe mutato l’esito della Guerra. Come un Fantasma D’Agostino si muove nelle ombre della storia.
Salvatore Biazzo, ha lavorato cinque anni al Roma e oltre trent’anni in Rai, da inviato speciale e da capo redattore. Ha collaborato a Tutto il Calcio…, a 90° Minuto, alla Domenica Sportiva, a Uno Mattina, Cronache Italiane, Tg1 Speciale, Tg2 Dossier, Mediterraneo, a Neapolis su Tg3, di cui fu co-fondatore. Tra i suoi libri, Il mio Napoli (Rai Eri), La lingua Trasmessa e Telecomunicare (Ferraro Editore), Il Dizionario del Giornalista (Rubbettino – Collana Scientifica Università di Salerno), Come sopravvivere al concorso Rai e Diego 60 d.D (Guida Editori) e Biagio Agnes, un giornalista al Potere (Rai Eri). È stato docente a contratto alla Scuola di Giornalismo all’Università di Salerno. Tuttora opinionista in Radio e Tv.. -
Il romanzo realizzato con uno stile limpido e leggero, è la storia, raccontata in prima persona da una ragazzina canadese, di due visioni del mondo incarnate dai genitori: quella del padre, giocosa e leggermente disonesta, dominata da una sensibilità istintiva, e quella della madre fatta di moralismo e di una testarda lotta per il bene che alla fine diviene tenera nella sua ingenuità. Ambientata a Toronto, la narrazione sottolinea anche i contrasti tra cultura anglosassone e italiana. Il testo è scritto con un linguaggio volutamente non compiuto tipico dell’adolescenza che sa anche divertire ed essere a volte poetico. È la storia dell’educazione spirituale di una tredicenne malata che, nella breve vita che le è concessa, conoscerà amicizia, amore e prenderà consapevolezza del suo essere donna e femminista.
Elena Basile, è nata a Napoli ma ha vissuto per motivi di lavoro in Madagascar, Canada, Ungheria e Portogallo. È stata Ambasciatrice d’Italia in Svezia (dal 2013 al 2017) e in Belgio (dal 2017 al 2021). Oltre a Una vita altrove (Newton Compton, 2014), finalista al Premio Roma, ha scritto Miraggi (Castelvecchi 2018) e altre raccolte di racconti. Del 2022 In famiglia (La nave di Teseo) e del 2023 Un insolito trio (La Lepre edizioni). Nel 2024 Frammenti di Bruxelles con Sandro Teti Editore. Elena Basile ha spesso suscitato scalpore nei talk show televisivi italiani per le sue opinioni sul Medio Oriente e sul conflitto tra Israele e Hamas. La sua abilità nel suscitare dibattiti insieme alla sua vasta conoscenza delle questioni internazionali, l’ha resa una figura di riferimento per molti media e commentatori politici. -
Una protagonista disabile, ragazza negli anni ’60, e i suoi giorni sinceri, fatti di amicizie, difficoltà, risorse e prospettive. Silvia M. ha sul corpo e nell’anima i segni della polio contratta all’età di due anni. La riabilitazione è lunga e la porta a vivere lunghi periodi in ospedali ortopedici, a non poter frequentare la scuola e doversi preparare da privatista fino alla quinta elementare. Entra in una classe solo in prima media. Fino ai dieci anni è sola. La prima amica la incontra a scuola, è sua omonima, Silvia G., quasi un alter ego. Frequentare la scuola le fa molto bene perché la porta a socializzare, nel contempo la vicinanza di ragazze normodotate fa risaltare i suoi deficit motori e le limitazioni che comporta una vita “monca”. Assistita e accompagnata sempre da genitori instancabili studia fino al conseguimento della laurea. L’amica le sta accanto e la supporta fino alla maturità e all’ingresso in università, quando le loro strade divergono. Silvia M. sa bene cosa siano le rinunce e le limitazioni che l’handicap comporta, le vive sulla propria pelle. Sta “alla finestra” per tanto tempo a veder scorrere la vita normale degli altri. Non sa cosa sia correre o decidere autonomamente quando e dove fare una passeggiata. Pochi sono i momenti di serenità nella sua adolescenza. Non si sente pienamente accettata dai coetanei. Assiste per tanti anni alla felicità altrui mascherando il risentimento che nutre non verso le coetanee più fortunate ma verso la sorte beffarda. Studia con buoni risultati spronata e sorretta da un padre e una madre che lei definisce “illuminati” perché hanno capito che conseguire un diploma o una laurea la aiuterà moltissimo nella vita. Deve rinunciare a tante cose compreso il corso di studi che le piacerebbe frequentare perché le sue gambe non sono tanto forti da consentirle gli spostamenti giornalieri necessari. È oggetto del pietismo mieloso ed ipocrita nonché dei pregiudizi di una società che discrimina e relega il diverso. Conosce solitudine e scoramenti che la portano ad isolarsi e chiudersi in se stessa, a disperare di potersi inserire nel mondo del lavoro ed avere una sua indipendenza. Risale la china con l’aiuto del suo mentore, la maestra delle elementari, e la lungimiranza del padre. Diviene realista, archivia i sogni, si accontenta di ciò che può avere e supera incertezze e paure. Accetta di lavorare in una cartolibreria, attività che la porta ad avere contatti quotidiani con gli abitanti del piccolo centro in cui vive, che in quanto a cultura e amore per la lettura difettano parecchio. Con intelligenti iniziative si adopera affinché i libri arrivino in mano a grandi e piccini. Nel negozio, che dopo pochi anni è suo, dà spazio a incontri, discussioni, scambi di opinioni e trasforma una anonima libreria di provincia in un piccolo faro di cultura. Opera un piccolo miracolo di cui andare orgogliosa. La ragazza insicura e timida si è trasformata in una donna determinata. CATERINA MALARA Nata in Sicilia, ad Agrigento, vive a Reggio Calabria da sempre. Una vita dedicata all’insegnamento, nel 2020 pubblica il primo romanzo “Natalino”. -
Dacia Maraini è una delle più note scrittrici italiane ed una delle scrittrici italiane più note nel mondo. Ha pubblicato oltre 50 libri, tra romanzi, racconti e poesie, ed è tradotta in quasi tutti i paesi del mondo. Il suo principale editore è Rizzoli, le è stato dedicato un Meridiano dalla Mondadori. Il teatro è una delle sue grandi passioni, alla quale ha dedicato testi e libri. È sempre in viaggio, incontra, di continente in continente, migliaia di suoi appassionati lettori, molto spesso giovanissimi, ai quali, con grande semplicità e generosità, non smette di raccontare il senso della vita, delle storie, delle parole. Presiede il Premio Elsa Morante e, da diversi anni, è candidata al Nobel. a cura di Tiuna Notarbartolo e con un’intervista di Eugenio Murrali -
Questo breve romanzo ripercorre le vicende di una coppia di innamorati che sfidano le convenzioni del piccolo centro in cui si trovano a vivere. Per una serie di motivi che il lettore scoprirà leggendo, la bambina frutto dell’amore contrastato verrà allontanata dalla famiglia di origine con enorme dolore per i protagonisti della vicenda. La storia parla di famiglia, amore, odio, litigi, equivoci ed incomprensioni. È la vicenda di una delle tante famiglie di oggi, di ieri e di domani, che percorre una cronologia ben definita che inizia e finisce con una nascita. Vi si svelano dinamiche di potere ma anche di amore sullo sfondo di un’isola che specialmente nell’epoca in cui è ambientato il romanzo, era particolarmente pittoresca. Il romanzo si snoda infatti sullo sfondo di una Procida consueta, gretta e piccolissima che consentirà, nonostante tutto, all’io narrante di costruire una propria vita completa, appagante e felice. Il linguaggio è intimo e diretto, con una forte carica emotiva. L’autrice utilizza uno stile lineare e riflessivo, alternando descrizioni dettagliate a momenti di introspezione. Il tono è sentito e autentico, e coinvolge il lettore nel viaggio attraverso le dinamiche di questo piccolo centro, tanto più universale tanto più appare personale e provinciale.
MARIA ROSARIA DI STEFANO nasce a Procida nel 1955, figlia di un professore e di una casalinga. Porta avanti gli studi umanistici e si laurea a pieni voti presso l’Università ‘Suor Orsola Benincasa’ di Napoli. In seguito persegue gli studi e le abilitazioni che le consentono, dopo un anno di prova nella città di Padova, di diventare docente negli istituti superiori. Oggi vive tra Roma e Procida. “Quando il tempo è cattivo” è la sua opera prima. -
Gianburbero è l’uomo più temuto nel paese. Quando nasce suo figlio esprime il suo più grande desiderio: da grande dovrà essere più bravo … anzi no più cattivo di lui. Suo figlio, però, mostra da subito un grande difetto. È gentile e, soprattutto, ama studiare. Gianburbero si impegnerà per cambiare il figlio ma i suoi insegnamenti si riveleranno buffi quanto inutili. Seguirà un paradossale rapimento, a opera di Gianburbero di un bambino figlio del macellaio del paese, ma gli esiti saranno tutt’altri rispetto a quelli auspicati dal goffo criminale. Suo figlio, non solo salverà la situazione dimostrando come sia possibile cambiare rispetto al contesto di appartenenza, ma imparerà anche a leggere e scrivere grazie all’amicizia con il bambino rapito. Il finale è a sorpresa e confortante, come nei più bei cartoni animati o nelle canzoni per bambini. Lo stile è allegro, leggero, giocoso e pieno di insegnamenti di vita e mai a senso unico: vanno dai padri ai figli ma ancora di più dai figli ai padri. Che sanno insegnare bene quanto ci sia modo e speranza per essere migliori.
CARMINE SPERA è nato a Castellammare di Stabia il 28 marzo 1969. Dedica gran parte del suo tempo libero alla scrittura e alla composizione musicale rivolta al mondo dell’infanzia. Dal 2010 a oggi ha composto molti brani che hanno partecipato allo “Zecchino d’oro” trattando argomenti molto delicati come gli stereotipi di genere (Un principe Blu), il riciclo dei rifiuti (Bartolo il barattolo) e la dislessia (L’ Anisello Nunù che sul canale you tube ha superato 100 milioni di visualizzazioni). Nel 2022 è tra gli autori del brano “Bla bla bla” che ha rappresentato l’Italia al Junior euovison contest svoltosi in Armenia e trasmesso in Eurovisione. Nel 2013 si classificò secondo alla X edizione del concorso letterario nazionale “il Racconto nel cassetto” per la sezione racconti per ragazzi con “Shirikirikiri Mago Arturo e la sua formula magica” pubblicato da Edizioni Cento Autori. Nel 2015 la casa editrice Eli La spiga pubblica il racconto Topodomani”, che sottolinea l’importanza dei punti di vista e del mettersi nei panni dell’altro. -
La raccolta di racconti “Le Solitarie” è una delle opere più rappresentative della letteratura femminile del XX secolo. Diciotto novelle che sono racchiuse nel primo libro pubblicato da Ada Negri nel 1917. Il tema è quello della condizione femminile tra fine Ottocento e inizio Novecento con la rappresentazione della condizione femminile dei ceti operai e medioborghesi nella provincia lombarda. L’oppressione dal lavoro, dagli uomini e dalla miseria viene descritta attraverso questi diciotto ritratti di donne, raccontati con poesia, verismo e passione. “Solitarie” che, purtroppo, non sono mai sole, ma sono figlie, mogli, sorelle eternamente legate alla casa e alle sue necessità. Pezzi di vita di stiratrici, servette, maestre, operaie, vite difficili, segnate dalla fatica e dagli stenti. Un’opera che costituì all’epoca uno dei primi manifesti di un femminismo ancora in incubazione, attraverso la denuncia del disagio, dell’emarginazione e delle frustrazioni delle donne. Un libro che narrava con coraggio le difficoltà del nascere donna, con la “fatalità” di una grande debolezza. Grazie al grande successo editoriale dell’epoca, “Le Solitarie” fu un libro che mosse e muove ancora le coscienze, oggi considerato un grande classico della narrativa di genere. ADA NEGRI È nata a Lodi il 3 febbraio 1870 e morta a Milano l’11 gennaio 1945. Poetessa e scrittrice è ricordata anche per essere stata la prima e unica donna a essere ammessa all’Accademia d’Italia. Di umili origini, diventa insegnante elementare e poi, ad honorem, di scuole medie. Pubblica la raccolta di Fatalità nel 1892, nel 1894 vince il “Premio Giannina Milli” per la poesia, e pubblica una seconda silloge poetica Tempeste, in cui tratta tematiche sociali. In questo periodo è vicina al Partito Socialista. Nel 1896 sposa l’imprenditore Giovanni Garlanda ed ha una figlia, Bianca. Nel 1904 pubblica la raccolta di poesie Maternità, e nel 1910 Dal profondo: opere caratterizzate da maggiore introspezione. La distanza sociale tra Ada e Giovanni porterà il matrimonio a franare rapidamente: si separeranno già nel 1913, anno in cui Ada si trasferisce a Zurigo. Qui scrive la raccolta di poesie dal titolo Esilio. Rientra in Italia nel 1914, e si riconosce nel riformismo di Mussolini. Lavora come giornalista dal 1914 al 1926. Nel 1917 pubblica una prima opera in prosa, una raccolta di novelle intitolata Le solitarie e nel 1921 il romanzo Stella mattutina. -
Storia di una ragazzina sensibile e tanti cagnolini da salvare Una storia vera che sembra una favola a lieto fine di umani molto sensibili e amici a 4 zampe che trovano salvezza. I protagonisti di questo libro sono bambini e cagnolini e l’enorme empatia di cui gli essere umani possono essere pure capaci. Durante i suoi viaggi all’estero l’autrice ha tratto l’ispirazione per questa “Favola Vera”. Il racconto, rivolto a un pubblico di bambini dai 5 ai 10 anni, è un adattamento fiabesco di storie realmente accadute a cagnolini, ciascuno con volti, nomi e vissuti profondi. Tutti i personaggi, sia umani che animali, sono reali e il libro mira a far emergere la preziosa consapevolezza del rispetto per il mondo animale, offrendo ai lettori un insegnamento volto alla sensibilizzazione, affinché le buone intenzioni possano trasformarsi in azioni concrete. ADA GIORGIA MANDRIOTA nata a Milano nel 1972 e residente in provincia di Pavia, è madre di tre figli e lavora nel settore internazionale, “La favola vera” è il suo primo libro.