Descrizione

Dovunque si andava, nei quartieri del popolo come in quelli della nobiltà, si scorgeva un movimento allegro, una lieta fatica, un affacendarsi rumoroso, una attività mai cessante, un fermento quotidiano e notturno di tut­te le forze, un’azione costante, vivace, energica di tutta una serena e laboriosa città che intende a un’opera sola, a cui si dà col cervello e col cuore, con le mani e coi piedi, adoperando la vibrazione dei suoi nervi, la vivacità del suo sangue, la potenza dei suoi muscoli a questa immensa opera unica. E dovunque, dovunque s’indovinava, o si sapeva, o saltava agli occhi, o si leggeva che cosa era la grande opera: per le feste del prossimo carnevale… Con il toponimo Cuccagna nella cultura popolare, viene indicato il favoloso paese ove regnano l’abbondanza e le delizie del cibo: qui infatti spensieratezza e godimento assoluto sono raggiunti facilmente senza sforzo o sacrifici. Nella nostra tradizione cuccagna è presente però anche negli usi figurati del linguaggio, infatti designa, per estensione, tanto le prelibatezze alimentari, quanto le fortunate combinazioni del vivere, in contesti che alludono ora a giochi di piazza, ora a momenti di festa e di euforica aggregazione sociale. La Serao nel suo romanzo di ambientazione napoletana, destinato però a un pubblico non locale, seppe sfruttare la complessità semantica del termine. Cuccagna – parola che d’ora in poi scriveremo con la maiuscola – fu per lei soprattutto il nome di una città dedita al gioco del lotto ove, di settimana in settimana, gli abitanti inseguivano, con ostinata convinzione, da visionari, il miraggio dell’arricchimento improvviso e si condannavano ad una vita irreale, sperando in una meta impossibile, riconosciuta solo da una farneticante geografia immaginaria. Nella Napoli di fine Ottocento si intrecciano le vite emblematiche di commercianti ambiziosi, nobili decaduti, usurai, prostitute, artigiani, giovani madri. Una umanità solidale o feroce che affida al gioco del lotto sogni e speranze destinate sempre a soccombere. Il maggior romanzo di costume sulla Napoli postunitaria. Un trattato delle virtù che è allo stesso tempo reportage di Napoli e dei suoi diavoli.