Descrizione

Il libro racconta la storia della trasformazione del palazzo d’Avalos in Casa di pena, ma anche le tante storie narrate da protagonisti e spettatori, allo stesso tempo, della vita all’interno di quelle pareti. L’una e le altre illuminano gli aspetti nascosti e non della politica carceraria ‘moderna’, per la quale la monarchia borbonica aveva mostrato interesse ed entusiasmo; approfondisce inoltre gli errori commessi e la mancanza di risultati significativi della vita carceraria. E non solo. Descrive le carenze della burocrazia, la sua proverbiale lentezza e “la prava natura delle nostre istituzioni”, come scriverà il duca Sigismondo Castromediano, ‘ospite’ illustre di quella prigione. Infine, racconta l’imperversare della corruzione a tutti i livelli; la capillare infiltrazione della camorra, che esigeva il pagamento del pizzo, specie nell’approvvigionamento dei viveri,  ma, anche pronta a “guadagnar[e] un posto” dopo aver allargato “la borsa ai custodi”; comandanti cinici e avidi, amici dei camorristi e di chiunque avesse consentito di concludere “affari”, di qui l’entrata di armi proibite, i frequenti casi di ‘sferramento’, eclatanti evasioni e altro ancora.