Descrizione

Progettare oggetti d’arredo per il nostro quotidiano non significa limitarsi alla loro ideazione e realizzazione, ma significa ampliare tale progetto inserendovi una valutazione critica sulla posizione che essi potranno assumere sulla scena contemporanea. Lo studio si propone di individuare la natura culturale dell’oggetto d’arredo e di fissarne le possibili identità, ma soprattutto stabilire i campi di azione, i confini e il loro possibile superamento per arricchire dal punto di vista semantico e culturale non tanto l’oggetto in quanto prodotto, ma piuttosto l’oggetto in quanto progetto.

Il libro è strutturato in tre parti teorico-metodologiche: la Parte Prima – La ricerca offre al lettore una panoramica d’insieme sul rapporto tra design e teatro, attraverso un’analisi comparativa tra le idee di oggetto d’arredo che, a partire dalla fine dell’Ottocento, si sono sviluppate in entrambi i settori contemporaneamente, talvolta, con un interessantissimo scambio sinergico; la Parte Seconda – Oggetti in casa affronta i temi fondativi del processo di progetto di un oggetto per gli interni architettonici del nostro quotidiano. Un primo livello di analisi riguarda le fasi del processo (progetto, produzione, consumo) e i possibili ambiti culturali all’interno dei quali voler collocare la propria idea di oggetto. Un secondo livello di analisi riguarda le possibili declinazioni del rapporto forma/funzione e del rapporto forma/materia. Nella Parte Terza – Oggetti in scena, questi rapporti, fondativi del progetto per un oggetto d’arredo, si ritrovano “arricchiti” grazie all’analisi del lavoro sull’oggetto di scena di grandi Maestri del teatro moderno e contemporaneo, che hanno fatto proprio dell’oggetto la loro “arma” di espressione artistica preferenziale. La particolare dimensione linguistica e formale dei temi progettuali – individuati nella funzione esibita, nella funzione sospesa e nella funzione in trasformazione – trova nel sapere e nella prassi della scena teatrale un possibile referente culturale per la creazione di nuovi oggetti attraverso le categorie dell’“incompleto”, dell’“ironico”, del “manipolato”, dell’“impenetrabile”.

Cerniera tra la Parte Seconda e la Parte Terza è rappresentata da un Intermezzo seguito da un Racconto visivo nel quale sono illustrati alcuni degli oggetti d’arredo più rappresentativi del percorso di autoproduzione che l’autrice ha intrapreso con l’intento di sperimentare ciò che metodologicamente è esposto ed analizzato nel suo studio. Gli oggetti d’arredo illustrati sono “testimoni muti” di una decisa fiducia nella Cultura del Progetto, inteso come azione che sintetizza in un’unica esperienza differenti operazioni creative che siano capaci, dunque, di “costruire idee progettuali” da immettere nel complesso scenario della contemporaneità.

Ombretta Iardino, dal 2006 Dottore di Ricerca in Composizione Architettonica, svolge la sua attività di ricerca e di didattica nei settori disciplinari dell’Architettura degli Interni e della Scenografia presso il Dipartimento di Architettura (DiARC) dell’Ateneo Federico II di Napoli. Dal 2013 tiene cicli di Seminari di Scenografia e all’a.a. 2018-2019 è Professore a contratto in Architettura degli Interni presso il DiARC. Ha pubblicato tre monografie dal titolo L’architettura di un interno: lo studiolo (Giannini, Napoli, 2019); La scena di un interno. Osservazioni elementari sul costruire una stanza a teatro (Giannini, 2020); Lo studio dell’oggetto (tra scena e quotidiano) (Giannini, 2020). Ha pubblicato saggi e articoli su riviste quali «Heliopolis Culture, Civiltà Politica», «RHT» (Research Trends in Humanities, Multidisciplinary Lab) e dal 2017 collabora con la rivista «Teatro Contemporaneo e Cinema». Ha collaborato, come assistente scenografa, alla progettazione di architetture di scena per il teatro in prosa (A morte ‘e Carnevale e Ridicolose avventure di Pulcinella Petito, regia di Renato Carpentieri, scene di Geppino Cilento, 1999-2001) e per il teatro in musica con un’intensa esperienza tra il 2005 al 2010 con il regista, scenografo e costumista Denis Krief, con il quale ha realizzato i seguenti spettacoli: Il ritorno da lontano di F. Mendelssohn (Teatro dei Rozzi, Siena, giugno 2005); I capuleti e i montecchi di V. Bellini (31° Festival della Valle dell’Itria, Martina Franca, Palazzo Ducale, agosto 2005); Il crepuscolo degli Dei di R. Wagner (Badisches Staatstheater Karlsruhe, Germania, dicembre 2006); Nabucco di G. Verdi (Arena di Verona, giugno 2007); La madre del mostro di F. Vacchi, (Teatro dei Rozzi, Siena, luglio 2007); La traviata di G. Verdi (Progetto LI.VE.; Teatro Sociale, Rovigo, ottobre 2008, Bassano del Grappa, dicembre 2008, Teatro Verdi, Padova, dicembre 2008); Maria Stuarda di Donizetti (Teatro La Fenice, Venezia, aprile 2009); Trovatore di G. Verdi, (Progetto LI.VE.; Bassano del Grappa, novembre 2009, Teatro Verdi, Padova, dicembre 2009, Teatro Sociale, Rovigo, febbraio 2010); Alzira di G. Verdi (Theater St. Gallen, Svizzera, gennaio 2010). Dal 2010 ha intrapreso l’attività di progettazione ed autoproduzione di Unità di Arredo, presentate in Mostre di Arte Contemporanea e Fiere del settore del design, nella quale confluiscono le ricerche condotte nel campo della Scenografia, della Composizione e dell’Architettura degli Interni.