Descrizione

In questo volume, del complesso fenomeno della messa in scena teatrale, viene messa sotto osservazione un’unica condizione della rappresentazione: quella che tragitta un arredo o un oggetto di uso quotidiano nella sua dimensione scenica. Le cose, sul palcoscenico, perdono la loro funzione originaria e, anche quando sembra che non la perdano (perché un attore, proprio come nella realtà, si siede su una sedia o passa attraverso l’apertura di una porta), si può verificare che la loro forma-funzione viene trasposta e slittata in una nuova dimensione spazio-temporale: lo spazio e il tempo, infatti, che avvertiamo lineari ed omogenei nella realtà, si fanno, negli oggetti scenici, “discontinui”. Al progetto di scenografia è affidato il difficile compito di scomporre le forme reali degli oggetti e di ricomporle in una dimensione scenica ed illusoria. All’attenzione del lettore sono offerti alcuni esempi di “trattamento” dell’oggetto di uso quotidiano da parte di tre protagonisti dell’avanguardia teatrale novecentesca – Mejerchol’d, Kantor e Wilson – e due ricerche, attualmente in atto, sull’oggetto scenico: alcuni progetti dell’architetto e scenografo Geppino Cilento sull’architettura “dinamica” della scena e il lavoro didattico svolto nel Corso di Scenografia del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Federico II di Napoli.